Quando la scrittura è così intensa, le pause e gli interstizi valgono come la parola. Perciò si è prossimi alla forma dell’Haiku (e in generale alla poetica dello Zen).
Non vorrei essere nei panni del traduttore che si propone di trasporre il suono e il contenuto di questa poesia in un’altra lingua rispettandone ritmica e melodia. Come rendere per esempio “carnato” mantenendo la ricchezza di un termine che ha in sé la materia della carne e la fragilità del rosa? Come lasciare viva la musicalità del passaggio che dal “ca” duro e quasi aspirato di “carnato” (la materia solida) sfocia nel morbido e scivolato “cie” di “cielo” (l’infinito etereo)? Chi conosce l’inglese, legga questa traduzione pubblicata in un testo di tutto rispetto…: “Heavens’ blush/ awakens an oasis/ in the nomad of love” (A Major Selection of the Poetry of Giuseppe Ungaretti, traduzione di D. Bastianutti, Toronto, Exile Editions, 1997).
La poesia è sintesi
08/04/2016 emanuela blog, commento libro, poesia BLOG, RECENSIONI
Il carnato del cielo
sveglia oasi
nel nomade d’amore
G. Ungaretti, Versa, 10 maggio, 1916
da L’allegria – Il porto sepolto
Drawing Poetry Series, Emanuela Genesio’s drawings
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Quando la scrittura è così intensa, le pause e gli interstizi valgono come la parola. Perciò si è prossimi alla forma dell’Haiku (e in generale alla poetica dello Zen).
Non vorrei essere nei panni del traduttore che si propone di trasporre il suono e il contenuto di questa poesia in un’altra lingua rispettandone ritmica e melodia. Come rendere per esempio “carnato” mantenendo la ricchezza di un termine che ha in sé la materia della carne e la fragilità del rosa? Come lasciare viva la musicalità del passaggio che dal “ca” duro e quasi aspirato di “carnato” (la materia solida) sfocia nel morbido e scivolato “cie” di “cielo” (l’infinito etereo)? Chi conosce l’inglese, legga questa traduzione pubblicata in un testo di tutto rispetto…: “Heavens’ blush/ awakens an oasis/ in the nomad of love” (A Major Selection of the Poetry of Giuseppe Ungaretti, traduzione di D. Bastianutti, Toronto, Exile Editions, 1997).
Scrivere poesia è cantare liberamente la lingua conoscendone a menadito grammatica e lessico, nonché sfumature gergali e preziosità arcaiche, per poi liberarsene e magari nuovamente recuperarli con invenzione.
Oltre alla bellezza della forma, i cinque sostantivi e il verbo scelti da Ungaretti, riportano a un senso della vita che mi diverto a riassumere così:
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