Un salto quantico avviene quando si percepisce l’immagine come “istante cristallizzato”. Ben prima della fotografia, è Brunelleschi a capovolgere decisamente il ruolo culturale dell’immagine e il suo significato, grazie alla scoperta della prospettiva. Nel 1425, nota Viola, ci si “accorge” del rapporto tra soggetto e oggetto, inglobando la realtà e il tempo nella rappresentazione pittorica. Come da vocabolario, la prospettiva è quella “tecnica geometrica che consente di ottenere, nell’ambito di una rappresentazione grafica piana, immagini corrispondenti a quelle fornite dalla visione diretta, e cioè variamente orientate e distanti”. La “visione diretta” obbliga alla “soggettivazione dell’immagine, la creazione del “punto di vista” e la sua identificazione con un luogo nello spazio reale”. Da quel momento in poi le immagini accolgono lo spettatore al loro interno e “accettano la propria mortalità”, stanno nel tempo (ciò che Viola indica per temporale).
Il secondo sconvolgimento nell’intendere l’immagine, avviene nel XIX secolo, quando si mettono a punto le prime macchine che rendono possibile “la sequenzialità automatica e la registrazione delle impressioni luminose su una superficie durevole” (Viola). I primi esperimenti d’immagine in movimento, e il vero e proprio il cinema poi, consentono di veder scorrere la durata, lo snocciolarsi del tempo.
Nero Video, Bill Viola (Part 3)
08/06/2017 emanuela blog, commento libro BLOG, RECENSIONI
Nero Video
In questa nuova puntata sul tema dell’immagine e del tempo, percorriamo la strada che da Brunelleschi porta al cinema, attraversando il concetto di coscienza via Nero video di Bill Viola.
L’immagine temporale e l’immagine temporanea
Un salto quantico avviene quando si percepisce l’immagine come “istante cristallizzato”. Ben prima della fotografia, è Brunelleschi a capovolgere decisamente il ruolo culturale dell’immagine e il suo significato, grazie alla scoperta della prospettiva. Nel 1425, nota Viola, ci si “accorge” del rapporto tra soggetto e oggetto, inglobando la realtà e il tempo nella rappresentazione pittorica. Come da vocabolario, la prospettiva è quella “tecnica geometrica che consente di ottenere, nell’ambito di una rappresentazione grafica piana, immagini corrispondenti a quelle fornite dalla visione diretta, e cioè variamente orientate e distanti”. La “visione diretta” obbliga alla “soggettivazione dell’immagine, la creazione del “punto di vista” e la sua identificazione con un luogo nello spazio reale”. Da quel momento in poi le immagini accolgono lo spettatore al loro interno e “accettano la propria mortalità”, stanno nel tempo (ciò che Viola indica per temporale).
Il secondo sconvolgimento nell’intendere l’immagine, avviene nel XIX secolo, quando si mettono a punto le prime macchine che rendono possibile “la sequenzialità automatica e la registrazione delle impressioni luminose su una superficie durevole” (Viola). I primi esperimenti d’immagine in movimento, e il vero e proprio il cinema poi, consentono di veder scorrere la durata, lo snocciolarsi del tempo.
Qui nasce un’interessante complessità.
La riproduzione meccanica delle immagini in sequenza è una bizzarra totalità, che non è mai presente nella sua interezza in un unico istante, proprio in virtù del suo esser durata. “Il dispositivo fisico dell’immagine in movimento implica un’esistenza come fenomeno soprattutto mentale”. Potremmo dire che esiste come totalità solo nell’esperienza a posteriori dell’osservatore (e come narrazione in potenza per chi crea). Oppure che “risiede soltanto nella mente di chi ha visto tutto e può riviverlo periodicamente nella memoria” (questo è il senso di temporaneo per Viola, che è fatto di tempo). Henri Bergson, innamorato di questioni legate al tempo e alla memoria, ricorda d’altronde che “la durata è la caratteristica della coscienza” (H. Bergson, Saggio sui dati immediati della coscienza, Cortina Raffaello, 2002.).
Chi sa pensare il tempo come un’entità non lineare? “Nel libro XI delle sue Confessioni Agostino ha spinto il problema fino al punto di domandarsi se l’animo stesso sia il tempo. E qui ha smesso di domandare” (M. Heidegger, Il concetto di tempo, Adelphi, 1998).
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