È un sospiro di sollievo lo sfogo che nasce dopo aver assistito a qualcuno degli spettacoli di Interplay Festival a Torino. Perché il timore di fare passi indietro dopo la pandemia era ancora ben presente. Ma la freschezza degli eventi inaugurativi e la qualità dello spettacolo della compagnia Guy Nader Maria Campos hanno spazzato via quella paura. Si va avanti.
Ventinove compagnie e trentadue spettacoli in long e short format, un viaggio tra diverse geografie coreografiche che include quindici creazioni italiane, undici compagnie europee e tre fuori continente, per una babele di artisti provenienti da undici nazioni impegnati in undici prime nazionali, più sei giovani proposte alle prime uscite, sono la testimonianza di un festival esigente e ambizioso.
Dalle variegate proposte del cartellone, scegliamo gli eventi della giornata inaugurale e lo spettacolo Set of Sets perché ci restituiscono alcuni degli elementi essenziali per un festival di qualità.
L’inaugurazione ha regalato bei momenti di condivisione, grazie agli eventi gratuiti organizzati il 21 maggio in strada, nello spazio multidisciplinare di Via Baltea e ai Bagni Pubblici di Via Agliè nel cuore di Barriera di Milano. La danza è stata il movente per mixare arte, enogastronomia solidale e improvvisazione, grazie all’incontro con i passanti e abitanti multietnici del quartiere. I due spettacoli Lo invisible di e con Katia Humenyuk e Rolando Salamé e Dye Dye di Asier Zabaleta con Idoia Rodriguez Gonzalez de Langarica e Rafael Arenas sono stati anche occasione di riflessione sul tema del rapporto uomo-donna e più in generale della relazione umana. Così come la passeggiata da via Baltea a via Aglié musicata da alcuni elementi dell’orchestra Pietra Tonale e performata da Sara Sguotti e Nicola Simone Cisternino ha creato un clima di festa aprendo varchi di curiosità tra i passanti inglobati casualmente nella processione e gli abitanti affacciatesi sui balconi.
Natalia Casorati, curatrice del festival, durante la conferenza stampa ha sottolineato di aver riflettuto a lungo su cosa, quanto e come il festival dovesse cambiare dopo la pandemia. Dal nostro punto di vista, i buoni frutti di questa riflessione sono almeno tre: il dislocare parte del Festival in zone cittadine meno battute da eventi culturali importanti, la maggior quantità di proposte internazionali (pur continuando a sostenere giovani compagnie italiane) e la necessità di scegliere danzatori con una ricerca formale di grande qualità.
Set of sets è lo spettacolo creato dal libanese Guy Nader e la spagnola Maria Campos, parte del focus Spagna che contrassegna il festival. Spettacolo pluripremiato, “è un viaggio basato sulla cooperazione, precisione, rigore che crea un labirinto infinito di corpi in azione” (sito GN | MC). I danzatori in scena paiono esecutori al millimetro di un meccanismo implacabile che li attrae e li separa. La fisicità della loro performance non soffoca la pulizia sottile dei singoli gesti, mentre la musica percussiva dal vivo di Miguel Marín rialza entrambe. Il tempo e lo spazio sono inscindibili variabili che attanagliano l’esistenza dell’uomo e che i sette ballerini in scena incarnano attraverso la ripetizione del movimento. Ognuno di essi è un elemento indispensabile del sistema: se un solo dettaglio fosse “fuori tempo” lo squilibrio sarebbe totale, l’insieme si spegnerebbe nel vuoto. È come una lode al continuum del presente, ci rammenta le riflessioni sul tempo di Agostino: “un fatto è ora limpido e chiaro: né futuro né passato esistono”, il presente è l’unico tempo vivibile per l’uomo scrive nelle sue Confessioni. Fuori dal tempo Set of Sets è muto, ma dentro al presente è un coacervo di forze: gravità, centrifuga e centripeta, propulsione e attrito che ammaliano anche lo spettatore più esigente.