Il palazzo ducale di Urbino si staglia come un blocco irregolare che sale.
Straordinario nella sua pulizia. Contemporaneo.
Mi convince che l’astrazione è uno dei mezzi più solidi per approcciarsi alla realtà e intravederne la struttura.
L’economia del decoro e del colore è evidente. Era da tempo che non vedevo un’architettura che mi colpiva con questa intensità. E mi conferma quanto raffinato dovesse essere Federico da Montefeltro, la sua straordinaria corte, gli artisti, le donne che gli ruotarono attorno verso la seconda metà del Quattrocento.
Quel che più mi piace è il gioco di vuoti e pieni che Laurana riuscì ad ottenere senza rinunciare a una struttura potente. Lo si vede per esempio nel momento in cui inserisce una parete-quinta in diagonale che produce un effetto scenografico di leggerezza.
Poi entro, e incontro un’altra sorpresa.
Non restano molti quadri di Piero della Francesca e tanti sono sparsi nei musei; ma due dei suoi capolavori sono qui.
Uno di questi è la Madonna di Senigallia.
E’ questo quadro a incantarmi, la sua luce.
Attraverso la luce, Piero porta rarefazione all’ambiente, sospensione nella materia solida.
Mi piace tantissimo.
Così come m’incantano quegli oggetti solitari nello scaffale dell’armadio a muro.
Ma le sorprese non sono finite.
Il palazzo ospita anche un dipinto di Raffaello ritornato in sede dopo un restauro.
E’ La Muta.
Ho sempre snobbato un po’ Raffaello: troppo perfetto per i miei gusti, troppo “realistico”, senza cioè quell’astrazione che esiste per esempio in Piero.
Ma oggi, davanti a quegli occhi, sono costretta a fermarmi.
Ne ho letto una volta a casa: in ogni commento appare l’aggettivo “triste” o “malinconico”, spesso giustificato dal fatto che una delle ipotesi più avallate sull’identità della donna corrisponda a Maria Della Rovere, il cui amante venne pugnalato poco prima che Raffaello dipingesse l’opera. Qui trovate una breve sintesi della lettura iconografica più accreditata.
Benché le attribuzioni non mi abbiano mai entusiasmato, ho sentito quanto la forza della ritrattistica risieda nella capacità di raccontare una persona. Gli occhi, le mani, la postura qui sono determinanti.
Il nero del fondo, i bordi leggermente sfumati e la scelta della gamma coloristica, poi hanno fatto il resto dell’incanto.