La conquista dell’inutile è un’avventura ai confini del credibile in forma di diario. È la narrazione del backstage del film Fitzcarraldo che Werner Herzog ha girato nella giungla amazzonica tra il 1979 e il 1981. Non così dissimile dallo stile dei suoi film, documentari, scenografie per opere liriche o cortometraggi, la scrittura di Herzog è cruda e poetica insieme, pienamente terrena e inevitabilmente astratta. “Nel descrivere la quotidianità di un’impresa che non ha nulla di quotidiano” – si legge nella quarta di copertina – Herzog osserva la crudeltà e la sublime bellezza della natura, gli sforzi vani eppur necessari che l’uomo compie per abitarla, le sue violenze, i suoi azzardi, la nobiltà di alcuni suoi gesti. Riporta alla prima persona le peripezie imposte dalla fedeltà alla propria visione artistica, ma il suo sguardo è così aderente ai fatti, consapevole, che risuona neutro anche quando si autodescrive.
Gravi questioni politiche (tra Perù, Colombia, Nicaragua, insieme all’immancabile presenza americana), problemi economici (fallimento e poi rinascita del progetto), malattie dovute al clima, agli insetti, alle azioni spericolate su fiumi in piena, cascate, alberi altissimi, incomprensioni di ordine filosofico interne allo staff e quelle ben più vernacolari tra le migliaia di comparse assoldate, fino a lotte, faide o incidenti sfociati in uccisioni o in incidenti mortali per alcune persone… La conquista dell’inutile è cronaca nera e riflessione personale sulle cose della vita insieme, traccia dell’accaduto e trasfigurazione lirica, a tratti romantico-espressionista, del quotidiano.
Personaggi celebri (Mick Jagger, Klaus Kinsky, Claudia Cardinale…) e altri tra i fedeli collaboratori di Herzog, s’intercalano a persone sconosciute – indios, passanti incontrati in luridi mercati di strada o nella vegetazione lussuriosa della foresta, in un’orchestrazione che unisce dettaglio e universale.
Libri per l’estate
11/07/2016 emanuela blog, commento libro BLOG, RECENSIONI
L’estate del cane nero di Francesco Carofiglio o La conquista dell’inutile di Werner Herzog? Leggendoli entrambi, la vostra estate si arricchirà di qualità narrativa, storie avvincenti e momenti yogici di riflessione e piacere.
Francesco Carofiglio, fratello del forse più celebre magistrato e scrittore Gianrico, è architetto, regista, illustratore (fumettista) e ha lavorato per anni come attore e autore teatrale. Ha un gusto straordinario per le parole, l’abilità di evocare memorie sensoriali facendole vibrare sul foglio come se fossero immagini, rumori, sapori, tocchi, odori. È presente nelle piccole cose, nel loro essere sorgenti di percezioni sinestetiche: l’odore dell’acqua “appena salata di ferro, il contatto freddo con la lingua e il palato, i suoni tutti insieme di un contorno selvatico”, una “luce acustica, come la percezione diffusa dei sensi dentro il […] respiro”, o la ghiaia che “gracida” e la penombra che somiglia “a un suono lontano, rarefatto, reso più molle dal contrasto puntuto delle cicale”…
Al di là di questi momenti di poesia, L’estate del cane nero è una grande storia. La narrazione coerente e puntuale del delicato passaggio tra l’infanzia e l’adolescenza, un “vortice adolescenziale” di cui “senti il respiro, quasi un lamento. Un fiume che [corre] sotterraneo alle nostre vite improvvisamente e pericolosamente in bilico. [Una] linea che segna il confine”. A narrarla è la voce adulta del protagonista ragazzino, un racconto avvolgente di flashback che si chiude con un presente rotondo e solare.
La conquista dell’inutile è un’avventura ai confini del credibile in forma di diario. È la narrazione del backstage del film Fitzcarraldo che Werner Herzog ha girato nella giungla amazzonica tra il 1979 e il 1981. Non così dissimile dallo stile dei suoi film, documentari, scenografie per opere liriche o cortometraggi, la scrittura di Herzog è cruda e poetica insieme, pienamente terrena e inevitabilmente astratta. “Nel descrivere la quotidianità di un’impresa che non ha nulla di quotidiano” – si legge nella quarta di copertina – Herzog osserva la crudeltà e la sublime bellezza della natura, gli sforzi vani eppur necessari che l’uomo compie per abitarla, le sue violenze, i suoi azzardi, la nobiltà di alcuni suoi gesti. Riporta alla prima persona le peripezie imposte dalla fedeltà alla propria visione artistica, ma il suo sguardo è così aderente ai fatti, consapevole, che risuona neutro anche quando si autodescrive.
Gravi questioni politiche (tra Perù, Colombia, Nicaragua, insieme all’immancabile presenza americana), problemi economici (fallimento e poi rinascita del progetto), malattie dovute al clima, agli insetti, alle azioni spericolate su fiumi in piena, cascate, alberi altissimi, incomprensioni di ordine filosofico interne allo staff e quelle ben più vernacolari tra le migliaia di comparse assoldate, fino a lotte, faide o incidenti sfociati in uccisioni o in incidenti mortali per alcune persone… La conquista dell’inutile è cronaca nera e riflessione personale sulle cose della vita insieme, traccia dell’accaduto e trasfigurazione lirica, a tratti romantico-espressionista, del quotidiano.
Personaggi celebri (Mick Jagger, Klaus Kinsky, Claudia Cardinale…) e altri tra i fedeli collaboratori di Herzog, s’intercalano a persone sconosciute – indios, passanti incontrati in luridi mercati di strada o nella vegetazione lussuriosa della foresta, in un’orchestrazione che unisce dettaglio e universale.
Uno stralcio del testo: “uccelli gialli mi hanno assediato. Ieri notte ho combattuto nella mia capanna con una nuova invasione di formiche, che mi hanno travolto con le loro larve, ma più facili da combattere per via delle loro grandi dimensioni. Prima ho tentato invano spruzzando in giro Baygon, poi alla fine ho spinto con la scopa quei guerrieri in corsa fin oltre il margine della mia piattaforma, giù nella palude sotto di me. Il nostro lavoro non è compatibile con la natura amazzonica, il tempo è brutto, le galline stanno male e i conigli anche. Tutti i vermi stanno bene. Sono felici. […] Sugli alberi si formano delle ulcerazioni, le radici si contorcono nell’aria. La foresta vergine si compiace di ogni genere di lussuria”.
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