Iginio De Luca, docente e artista poliedrico è stato invitato a produrre un progetto per il primo “atelier artistico” presso i Mercati di Traiano a Roma. Nel febbraio 2020 ha trascorso una settimana all’interno di questo spazio ricco di storia dando vita a una performance sonora dal titolo Le voci dentro. Abituato a raccogliere gli spunti poetici che la complessità del reale regala, senza mai dimenticarne gli aspetti più scomodi (i suoi blitz provocatori e pungenti l’hanno spesso obbligato a confrontarsi “di petto” con le diverse istituzioni prese di mira), De Luca ha raccontato così i suoi intenti prima di realizzare la performance: “custodi di reperti archeologici, i Mercati diventeranno lo studio di registrazione dell’artista, la casa dei suoni che reagisce al silenzio stratificato del tempo che da secoli ne arreda le mura. Lo sfregamento epidermico e caldo delle mani con le superfici aspre, levigate e corrose di questi frammenti, sarà il pretesto tattile per creare un archivio sonoro che identificherà acusticamente ogni blocco di marmo, catalogando in modo sensoriale e immateriale queste presenze storiche. Un vocabolario illogico di voci sommesse, un bisbigliare incomprensibile di frasi, un dialogo surreale tra pietre parlanti che rivendicano la loro anima e ne reclamano ancora la vita. Uno scontro frontale tra l’esistenza dell’artista e la natura millenaria del contesto pubblico e politico dei Mercati, fatta di uffici amministrativi, di “voci” come pratiche schedate di una burocrazia antica che sedimenta documenti, vite archiviate, timbrate e firmate”.
A lavoro terminato, nella bella intervista di Amalia Di Lanno che appare su “segnonline” il 28 aprile 2020, De Luca sottolinea la fisicità di questa esperienza intima con i reperti archeologici toccati da molte altre mani prima di lui. In Le voci dentro lascia intendere che l’ascolto, in tutte le sue sfaccettature, è un atteggiamento necessario, fortemente politico, nel momento in cui fa risuonare la Storia e le storie. “In certi lavori – dice – mi piace farmi da parte e diventare ponte discreto, dare parola a oggetti e contesti, essere un tramite sensibile poco invadente che connette territori inconciliabili e apparentemente distanti tra loro”. La sua propensione per il minimalismo, poi, gli permette di costruire per sottrazione andando a mostrare la superfetazione di stili, forme, contenuti in cui oggi ci troviamo. In quest’opera, attento ad ascoltare quegli sprazzi di silenzio che generano senso, De Luca trasforma l’immaterialità di quel che non c’è più in suono tangibile, vibrazione che tocca corde antichissime universali. Improvvisa, perché sa esser presente al momento creativo e si sbuccia le mani, consapevole che la “spellatura” è il segno dell’arte, così come ricorda Livia Chandra Candiani ne Il silenzio è cosa viva: “seguendo una Via bisogna rischiare la pelle”.