Sono tanti gli eventi che costellano il 2022, l’anno del centenario fenogliano. Il Centro Studi albese dedicato allo scrittore è il cuore di questa progettazione che coinvolge la città e i suoi maggiori poli culturali. Per farsi un’idea di ciò che è in corso e che verrà, basta visitare il sito www.beppefenoglio22.it.
Due eventi mi stanno particolarmente a cuore: l’installazione Piazza Rossetti 1 e la mostra Una maniera di metter fuori le parole.
Piazza Rossetti 1 è una struttura bidimensionale che si trova sulla facciata della casa in cui visse lo scrittore. Lo spiega l’autore, l’architetto Danilo Manassero: “Piazza Rossetti 1 è un landmark comunicativo di testimonianza del passato e valorizzazione della memoria, che si pone l’obiettivo di ricostruire il ricordo della casa in cui abitò e scrisse Beppe Fenoglio. Quest’ultima, abbattuta negli anni Novanta, è stata sostituita dall’attuale edificio comunale su cui è allestita l’istallazione”.
Le fotografie che compongono la struttura sono di Antonio Buccolo, scattate prima della demolizione dell’edificio, diventano “testimonianze degli ambienti e delle atmosfere in cui Fenoglio concepì le proprie opere”. Su queste fotografie compare in parte una “texture visiva, costituita da un’intricata sovrapposizione di parole”, il tessuto che abita la quotidianità di ogni scrittore.
Il forte impatto prodotto dalla struttura nasce in realtà da una semplice idea visiva: “come ogni volume, la casa può essere sviluppata su un piano attraverso una sequenza di figure geometriche adiacenti. In questo modo, la casa si trasforma in una composizione grafica e la sequenza geometrica delle immagini originali degli interni è leggibile come lo sviluppo di un solido. Di conseguenza, immaginando di richiuderlo, se ne ricostruisce virtualmente la tridimensionalità”, racconta ancora Manassero, concludendo che “con questo approccio, le fotografie in bianco e nero diventano finestre, varchi verso l’interno che permettono di vedere gli spazi di un tempo, producendo un inedito gioco prospettico che simula un’ipotetica sezione dell’edificio”.
L’installazione, vista dal vivo, non è solo imponente: è un omaggio filologicamente preciso, rigoroso dal punto di vista estetico, verso un personaggio che ha fatto la storia della cultura locale, ma si è innalzato a paladino della storia partigiana italiana attraverso una scrittura alta, colta e popolare insieme, oggi molto amata anche all’estero.
Una maniera di metter fuori le parole è una mostra installata negli spazi di Banca d’Alba a cura del Centro Studi Beppe Fenoglio. Concepita da un pool di esperti critici, tra cui l’accademico Gian Luigi Beccaria, allestita da Danilo Manassero e prodotta materialmente grazie alle cianotipie della fotografa Francesca Marengo, la mostra è un gioiello di precisione filologica e poeticità.
Il titolo è una citazione da Una questione privata, una maniera appunto per sottolineare la raffinata ricerca linguistica che connota la scrittura fenogliana. Una sofisticata “artigianalità intellettuale” caratterizzata da vocaboli meticciati da lingue straniere che solo negli ultimi anni ha acquisito la giusta rilevanza in ambito letterario.
“Partendo dallo studio del professore Gian Luigi Beccaria La guerra e gli asfodeli – racconta la direttrice del Centro Studi Bianca Roagna – sono state individuate quindici parole estrapolate dai dattiloscritti de Il partigiano Johnny (prima e seconda redazione) e Una questione privata (seconda redazione), esposti in originale insieme ad un diario manoscritto e alla macchina da scrivere”.
Francesca Marengo ha fotografato quel materiale, rielaborando il negativo fotografico attraverso l’antica tecnica della cianotipia. In queste opere, le parole scelte si manifestano sui fogli dai toni grigio-blu-seppia con precisione icastica valorizzando lo sfondo nebbioso e sfocato sui cui sono posate. “Cardio-pulso”, “veleggiare”, “effusione”, “potagio”, ma anche “fango”, “pioggia” o “partigiano” sono alcuni dei neologismi e dei termini che meglio incarnano quello scrivere a tratti crudo e asciutto, intriso dei paesaggi langaroli e aperto all’esotismo dei suoni stranieri.
La mostra si arricchisce anche di alcune sezioni video (Lavezzo Studios) e opere digitali, progettate e installate sotto la regia di Danilo Manassero.
Dal soffitto della sala espositiva lumeggia la firma di Fenoglio: tubi al neon fluorescenti che permettono al pubblico di percepire lo spazio tridimensionalmente e fanno l’occhiolino ai grandi artisti contemporanei maestri nell’uso di quel materiale (Fontana, Kosuth, Flavin…).
Le quindici parole fotografate dai dattiloscritti sono anche parte di un’installazione interattiva visivo-sonora realizzata dallo studio albese Blulab che consente di scegliere la propria preferita e affiggerla digitalmente su un grande schermo-pagina bianca (al suono della macchina da scrivere). Al termine della mostra, il sistema determinerà la parola più cliccata, preferita dal pubblico che si presta al gioco.
Due eventi che dimostrano quanto la provincia sappia stare al passo con la cultura prodotta dai grandi centri e, al tempo stesso, regalare un “calore” di cui quel fare più spersonalizzato ha in parte perso il valore. Un accostarsi alla cultura con quella gentilezza che proviene solo dalle cose famigliari.